01/31/2022
Sostenibilità ambientale e fatturati in crescita, così riparte l’industria sportiva
Assemblea di Assosport: nel 2021 più 8,4% rispetto al 2020 e per l’anno prossimo previsto un +5,6%., Si torna finalmente a sciare
Tute
da sci riciclabili, zaini interamente realizzati con materiali di recupero,
capi d’abbigliamento per la montagna che un tempo erano oggetti di plastica
dispersi in mare: sei aziende sportive italiane su dieci dirottano oggi più
del 10% del totale degli investimenti in progetti ecosostenibili, una
percentuale destinata a crescere sensibilmente nei prossimi anni. A dirlo è
una ricerca condotta per Assosport dall’Università degli Studi di Padova.
Un’analisi che fotografa i fronti su cui gli imprenditori italiani dell’industria
sportiva sono più attivi, le competenze e gli strumenti messi in campo per
tradurre in azioni tangibili la volontà di approcciare sempre più un modello di
economia circolare, ma anche le sfide e i punti interrogativi seminati all’orizzonte
dall’acuirsi dello scenario pandemico (su tutti, le incertezze legate all’andamento
della curva dei contagi e i rincari dei prezzi dei trasporti delle merci e
delle materie prime). Nodi che difficilmente troveranno una soluzione
nell’immediato, visti però come stimoli per fare sempre meglio e proseguire sulla
strada della sostenibilità.
Lo
studio è stato presentato nel corso dell’Assemblea Generale 2021 dell’associazione
nazionale fra i produttori di articoli sportivi – oltre 120 aziende in tutta Italia,
300 brand, 9.300 addetti e un fatturato aggregato di 4,5 miliardi di euro – che
si è svolta oggi a Giavera del Montello, Treviso, nel quartier generale
dell’azienda Tecnica Group.
A
pochi giorni dall’inizio delle Olimpiadi invernali di Pechino,
l’Assemblea è stata l’occasione per la sport industry italiana di confrontarsi
su strategie e soluzioni da adottare per vincere le sfide e cogliere le opportunità
poste in essere dall’emergenza sanitaria.
Lo
sportsystem italiano: dati Cerved per Assosport
«Per
l’Italia più che per il resto d’Europa e del mondo – l’analisi dello stato di
salute dell’industria sportiva nel commento della presidente di Assosport
Anna Ferrino su dati Cerved – si prospettano scenari positivi e ci
aspettiamo che la ripresa per l’industria sportiva sia ancora più
marcata rispetto a quanto saprà fare l’economia nazionale. Ci sono però grosse
incognite da considerare: da una parte l’aumento dei contagi e dall’altra
l’aumento dei prezzi e la relativa inflazione, ma anche le difficoltà incontrate
dalle catene di approvvigionamento a tenere il passo della ripartenza delle
produzioni e della crescita del mercato.
Per
i produttori di abbigliamento, calzature e attrezzature sportive il 2021 si
prospetta in crescita dell’8,4% sul 2020 per un fatturato aggregato pari a 12,2
miliardi di euro. Una crescita è attesa anche per il 2022 (+5,6%), con il
valore totale dell’industria sportiva che toccherebbe quota 12,9 miliardi di
euro (+2% rispetto all’epoca pre-Covid).
Per
quanto riguarda l’export, di cui l’Italia è campione, dopo un calo del
10% registrato nel 2020, il 2021 ha visto un’importante crescita arrivando, tra
gennaio e ottobre, a toccare quota 5,8mld di euro (+20% rispetto allo stesso
periodo del 2020). Principali mercati di sbocco si sono confermati gli Stati
Uniti, la Francia e poi Germania, Svizzera e Regno Unito.
Metalli
e fibre tessili: il nodo materie prime
«Oggi
importare merce dall’estremo Oriente via nave costa alle aziende
dell’industria sportiva italiana sei-sette volte tanto rispetto a quanto non
costasse prima della pandemia. Più che l’aumento delle tariffe dei container
per i trasporti, però, a preoccupare è la difficoltà a reperire materie
prime. Fibre sintetiche per la realizzazione di calzature e capi di abbigliamento,
ma anche materiali metallici per biciclette e attrezzature per la palestra:
l’attesa per la consegna va da una media di tre-quattro mesi fino a tempi non
meglio specificati. Siamo nel bel mezzo della tempesta perfetta, travolti
dall’incertezza di una situazione che fatica a trovare un equilibrio stabile
tra le nuove politiche produttive del Governo Cinese, la ripartenza
dell’economia (con tutti gli strascichi lasciati dallo stop imposto dal Covid)
e la ripresa forsennata della domanda, cresciuta in maniera esponenziale
nell’ultimo periodo anche, ma non solo, a causa del lockdown e della rinnovata
attenzione al benessere fisico. Una situazione che non accenna a migliorare,
almeno non nel breve periodo. E che di sicuro non rientrerà prima che gli effetti
non ricadranno sui prezzi al consumatore, quindi fintanto che la richiesta
rimarrà così sostenuta» dichiara Andrea Brambilla, presidente di Assosportex,
gruppo del tessile sportivo di Assosport.
Impianti
sciistici, si torna in pista
«Il
trend al quale stiamo assistendo è sostanzialmente positivo - sostiene Corrado
Macciò, consigliere di Assosport - Le ultime settimane, da prima di Natale fino
a tutta la prima decade di gennaio, ci hanno restituito ottimi riscontri, sia
per quanto riguarda la frequenza delle piste sia dal punto di vista delle
vendite. Credo che possiamo ragionevolmente pensare ad un 2022 assestato su
livelli pre-Covid». Certamente, ad alimentare questo clima di generale
ottimismo contribuiscono in parte anche i Giochi Olimpici in Cina che dal prossimo
4 febbraio catalizzeranno l’attenzione su Pechino e sugli sport invernali in
genere. «Lo sport italiano sta vivendo un momento d’oro – conclude Macciò
- Il lockdown ci ha costretti a lunghi periodi di immobilità, ma proprio per
questo ci ha anche fatto riscoprire e apprezzare il piacere dell’attività
fisica. L’attuale stagione invernale, del resto, è la dimostrazione di come gli
italiani abbiamo ritrovato la voglia di muoversi e praticare sport. Stiamo
registrando una richiesta crescente di attrezzatura per lo sci di fascia entry-level,
ovvero per nuovi praticanti, e non è un caso se molte persone scelgono di
avvicinarsi proprio ora per la prima volta a queste discipline».
La
sostenibilità ambientale nell’industria degli articoli sportivi
Condotta
tra le aziende di Assosport e realizzata dal Dipartimento di Scienze Economiche
e Aziendali dell’ateneo patavino, la ricerca si intitola “La sostenibilità
ambientale nell’industria degli articoli sportivi”. Stando a quanto emerso,
la metà delle imprese chiamate a rispondere al sondaggio è attiva su oltre il
50% dei vari filoni in cui è possibile declinare l’impegno in ottica “sostenibilità
sociale e ambientale” nel comparto dell’industria sportiva. Le motivazioni
che spingono gli imprenditori? Scelte dettate dall’etica e da responsabilità
interne all’azienda, secondo i più.
In
testa alle azioni più gettonate, la riduzione delle emissioni (56%) e la diminuzione
dell’utilizzo di sostanze chimiche (55%) a favore dell’impiego di risorse
naturali, mentre il 33% degli intervistati dichiara di aver messo in atto anche
azioni volte al contenimento degli scarti. Sensibili differenze di approccio si
registrano tra le aziende appartenenti alla filiera, concentrate soprattutto
nel reperimento di materiali certificati e fornitori a KM0, e aziende
monobrand, più orientate sulla riduzione delle sostanze nocive e l’allungamento
della vita utile dei prodotti.
I
prodotti sostenibili costano di più (a pensarlo è il 40% degli intervistati), richiedono
figure con una preparazione specifica (ne dispone un’azienda su due, perlopiù
risorse interne che hanno aggiornato le loro competenze), poggiano su una
catena di fornitori di materie prime (68%) e macchinari (48%) e per il 45%
degli imprenditori, affinché questi prodotti vengano realizzati, il supporto di
consulenti ed enti di certificazione è fondamentale.
A
proposito di certificazioni, finora è il prodotto ad avere la meglio (31%) sul
processo.
Infine,
un occhio all’attualità: le aziende si dividono quasi a metà tra chi sostiene (il
47% degli intervistati) che il Covid farà da spartiacque in quanto a strategie adottate
prima e dopo la crisi in chiave sostenibilità e chi crede che tutto rimarrà
com’è (il restante 53% del campione), mentre quattro aziende su dieci ritengono
che l’aumento del costo delle materie prime possa fungere da ulteriore incentivo
per ricercare soluzioni alternative, riciclabili o comunque meno impattanti sull’ambiente.
«Questo studio evidenzia un’innegabile sensibilità da
parte delle nostre imprese associate nei confronti delle tematiche legate alla
sostenibilità e al rispetto dell’ambiente – conclude la presidente Anna
Ferrino - C’è voglia di cambiare, di sposare una filosofia green che
sempre di più sta assumendo valore in tutti gli ambiti della vita. I nostri
imprenditori, del resto, da tempo hanno dimostrato attenzione e risposto in
maniera importante a questo richiamo: il 61% di loro ha affermato di impiegare
più del 10% degli investimenti in progetti di economia circolare. Un impegno
concreto e determinato se si pensa che questa percentuale, secondo le stime, è
destinata ad aumentare ancora - in media del 5% - nei prossimi tre anni arrivando
a coprire un quarto degli investimenti totali. Di contro, però, gli interventi
in chiave ecologica hanno un costo significativo, così come ha un peso rilevante
la formazione e l’aggiornamento del personale presente in azienda, nonché il reclutamento
di nuove risorse. È chiaro che non possiamo fare tutto da soli: c’è bisogno di un
impegno tempestivo e di aiuti concreti da parte delle istituzioni.
La transizione ecologica è un
traguardo bellissimo a cui tendere con fiducia. Ma, come ogni traguardo, per
essere raggiunto necessita di uno sforzo condiviso. Il mio, il nostro auspicio
è che finalmente ci si possa muovere come sistema e non come singoli».